Test prima parte
Dal Santuario francescano di S.Maria delle Grazie, fino ad arrivare all'ex
convento San Nicola, questa prima parte del test ricalca il percorso da trekking uno degli itinerari più interessanti del Parco dei Monti Lucretili:
dal Santuario Santa Maria delle Grazie a monte
Serrapopolo.
Siamo in Sabina nel Lazio. L'itinerario si svolge nel territorio del Comune di Scandriglia ai confini della Provincia di Roma, nella parte sud della provincia di Rieti.
Il kit testato è a norma con il codice della strada quindi con una potenza massima di 250 w, ha però la caratteristica di essere particolarmente indicato per le salite.
Pigio il pulsante "ON" posto sul manubrio e dopo mezza pedalata il motore si
avvia. La spinta si sente anche se ho settato la potenza su "I" il valore più
basso. Parto da 331 m. sul livello del mare. Aggirate le mura del Santuario ritorno sulla strada asfaltata, prendo la direzione verso Montorio Romano e percorro la lieve salita fino ad arrivare al cartello che indica per la Chiesa di S.Barbara.
Pedalare in salita è una passeggiata, soprattutto in questo tratto di strada
asfaltata e il navigatore segna come velocità max 23km/h, ora però si gira a
sinistra.
Qui si entra nel territorio del Parco, anche qui purtroppo l'ignoranza di qualche cacciatore si esprime come visualizzato nella foto.
Proseguo andando sempre dritti per la strada principale che è stata asfaltata di
recente fino ad arrivare al seguente incrocio:
qui abbandono la strada asfaltata e prendo a destra salendo per una strada ciottolosa, tenendo conto dello sterrato sconnesso e della pendenza della strada, do maggior potenza al motore inserendo "II" sul manettino, avverto una leggerissima vibrazione sulla sella è il motore che eroga di più. Accorcio i rapporti ed aumento la potenza ai pedali.
Superata questa salita ammiro diversi scorci suggestivi: In direzione nord-ovest si può vedere arroccato su un monte il castello di Nerola con il suo centro abitato, nella foto
in alto a sinistra presa al ritorno con il tramonto, è visibile sulla sinistra Nerola, a destra il monte Elci e sullo sfondo nella foschia il monte Soratte.
Fin'ora tutto ok, il motore risponde bene. Proseguo tra gli uliveti qui abbasso la potenza su "I". Arrivo nella parte superiore dell'abitato di Scandriglia. Ad un terreno recintato che fa angolo con una stradina, prendo a destra salendo verso la montagna. Nella foto si può vedere il bivio ove girare e in fondo in alto l'ex Convento di S. Nicola.
Il cammino prosegue salendo su una ripida strada sterrata con diversi tornanti, qui il gioco si fa duro, inserisco il livello di potenza "II" ed accorcio al rapporto più corto, il cammino è reso più difficoltoso dalle abbondanti piogge di questo gennaio 2013, lo sterrato già ripido di suo è cosparso di breccia di varia pezzatura, cerco di evitare le pietre più grosse e i punti ove c'è più breccia zigzagando per evitare di infossarsi nella profondità del solco scavato dall'acqua. Per fortuna non c'è più fango, fino ad una settimana fa qui c'era la neve. Dopo l'ultimo tornante c'è la rampa più ripida, qui inserisco la potenza massima "III" il motore và e la pedalata non è molto faticosa, ma la ruota motrice nel brecciolino tende a slittare, in queste condizioni è facile perdere l'equilibrio, cosa che ad un certo punto mi accade.
Il tratto è talmente scivoloso che serrando entrambi i freni per rimanere fermo la bici tende a scivolare all'indietro. Preferisco non tentare di partire in queste condizioni e spingo per una decina di metri fino ad arrivare ad un punto meno ripido.
Per fortuna la bici nonostante il motore e le batterie, rimane ancora
molto leggera.
Arrivato a 10 metri prima dell'ex convento ormai abbandonato e pericolante, mi
fermo per lasciar passare degli escursionisti che ritornano dalla loro
passeggiata. Siamo a 700 m. di altidutine, è ormai l'ora di pranzo e dopo una breve chiacchierata con
alcuni escursionisti rivolgo la mia bici verso la discesa. Quest'area per le significative rilevanze storico - paesaggistiche meriterebbe maggiore attenzione da parte delle autorità locali.
Inizia la lunga discesa fatta a freni tirati e con l'interruttore in
"off" in discesa non serve il motore. Poi di nuovo i tratti meno ripidi.
A conclusione di questa prima parte del test ecco le prime
considerazioni:
- il motore si è comportato molto bene anche nei tratti più ripidi dimezzandomi la fatica
- conviene sempre dosare la potenza secondo le reali necessità,
viaggiando di norma con il livello di potenza "I" e aumentarla solo nei
tratti di salita più ripida
- Ad ogni sosta o discesa pigiare l'interruttore su "off" in
particolare se ci fermiamo per piccoli interventi di manutenzione sulla
ruota motrice o sulla catena, potrebbe essere pericoloso.
Al termine di questa prima parte del test, mi accorgo che l'elastico
posto come sicurezza che tiene la batteria sotto il sellino, ha ceduto ed è
a penzoloni. Me ne sono accorto solo scendendo dalla bici, la batteria è
comunque rimasta a suo posto tenuta dalle cinghie della custodia della
batteria. L'elastico quando lo avevo messo, avevo notato che era un po'
corto e si agganciava a fatica sotto il sellino, le sollecitazioni dello
sterrato in discesa hanno fatto il resto. Fortunatamente entrambi i
gancietti sono rimasti attaccati al sellino e ho potuto rimediare
allungandolo con una catenella, vedere foto.
Al ritorno abbiamo consumato solo una tacca sul livello di carica della
batteria segnato sul display. Sono occorse due ore di carica con il carica
batterie in dotazione per ripristinare la carica completa. Chilometri
percorsi 7, dislivello circa 400 m.
Test parte seconda
Il sentiero ora s'inoltra nel sottobosco, a sinistra abbiamo una staccionata di legno che lo delimita. Querce e faggi ci accompagnano in questa zona stupenda ricca di ciclamini, qua e là troviamo tracce di cinghiali, tane di istrici e ricci.
Più in là il sentiero diventa più ciottoloso, le rocce calcaree mostrano i segni del loro logorio ad opera dell'acqua piovana.
Il sentiero sottobosco finisce su una radura con il passaggio per gli escursionisti consentito attraverso uno spazio ricavato tra due tronchi d'albero.
Qui occorre proseguire dritti seguendo i segnali rosso-bianchi. Il sentiero sale dolcemente nel bosco.
I frequenti tagli di alberi operati negli anni in cui questa zona non era ancora parco si notano dalla giovane età del bosco. Oggi per fortuna la situazione è molto migliorata rispetto al passato. E' gradevole camminare all'ombra delle piante riparati dai raggi solari nel periodo estivo.
Superato il sottobosco arriviamo in una radura puntinata da rocce calcaree, seguire le indicazioni di vernice dirigendosi verso sud. Il piano declina un po' verso il basso Nella foto della radura sono visibili sullo sfondo M. Pellecchia e sulla destra M. Serrapopolo.
Dopo la radura troviamo un altro di quei sbarramenti che consentono il passaggio alle persone ma lo impediscono al bestiame al pascolo. Vedi foto
a destra.
Entriamo in un altro sottobosco suggestivo, seguire anche qui le indicazioni di vernice rosso-bianche. Il sentiero prima sale per poi ridiscendere dolcemente fino ad arrivare ad un abbeveratoio per il bestiame.
Qui incontriamo delle mucche, una delle quali allatta il suo piccolo. In questa zona pur essendo ottobre troviamo delle gustose more maturate da poco.
Il percorso prosegue salendo sulla destra. La strada è molto ciottolosa e si inoltra di nuovo nel bosco. Dopo un tratto più ripido sbuchiamo fuori dal bosco, sulla sinistra troviamo la vetta del monte Serrapopolo, siamo arrivati nella parte finale del nostro percorso. Qui il sentiero costeggia il bosco appena lasciato salendo verso la vetta. Più in là inizia di nuovo il sottobosco: è la parte finale prima di arrivare alla vetta. Il sentiero è a tratti ripido e scivoloso, ma la consapevolezza di essere ormai arrivati sulla vetta ci fa superare senza accorgercene qualsiasi difficoltà.
Verso la cima il terreno diventa sempre più roccioso, trasformandosi in un suggestivo paesaggio in pietra.
Chi ama i giardini rocciosi può gustare un'amplissima collezione di specie: dalle diverse sassifraghe alle crassulacee come la caratteristica "erba da calli " forma tappeti folti di foglie globose e piuttosto carnose, lunghe 3-5 millimetri; i suoi piccoli fiori sono a forma di stella; color giallo vivo, e fioriscono in giugno-luglio.
La loro storia ci porta molto indietro nel tempo: circa 200 milioni di anni fa, alla fine del Triassico, questa parte dell’Italia centrale era immersa in un mare caldo e poco profondo. In seguito, nel Lias medio, movimenti verticali cambiarono in alcune zone la profondità del mare; queste differenze di ambiente portarono a vari tipi di sedimentazione marina e, di conseguenza, a formazioni rocciose diversificate. Le rocce che vediamo affiorare sono calcaree; su di esse spesso è possibile osservare resti fossili di Gasteropodi e di Echinidi e di altri animali e vegetali microscopici, individuabili con l' aiuto di una lente.
Se la giornata è limpida si può spaziare con lo sguardo per un ampio tratto della catena appenninica: vicinissimo, in direzione nord-est, c'è il Terminillo; proseguendo lungo la cresta e in direzione sud c'è il Monte Pellecchia.
Per il ritorno, dopo aver ammirato lo stupendo panorama, ripercorrere il percorso in senso contrario.