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Paestum

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Poseidonia: età greca
Paestum Paestum

La fondazione della città, probabilmente è opera di una minoranza di Dori Sibariti, cacciati via dalla maggioranza achea. Una necropoli, scoperta nel 1969 subito al di fuori delle mura della città, contenente esclusivamente vasi greci di fattura corinzia, attesta che la polis doveva essere in vita già intorno all’anno 625 a.C.

Con la distruzione della città di Siris (Policoro) sul Mar Jonio, da parte di Crotone, Sibari e Metaponto, Sibari prese il predominio in tutta la regione della Siritide, intensificando i traffici interni tra Poseidonia e la Siritide. Successivamente con la distruzione di Sibari stessa nel 510 a.C., ad opera di Crotone, portò benessere e ricchezza a Poseidonia. Buona parte dei Sibariti, fuggiti dalla città distrutta, dovettero trovare rifugio nella loro sub-colonia, portandovi le proprie ricchezze.

Nel medesimo periodo è la costruzione di un monumentale sacello sotterraneo: potrebbe trattarsi di un cenotafio dedicato ad Is, mitico fondatore di Sibari, eretto a Poseidonia dai profughi Sibariti.

A distanza di cinquant'anni l’uno dall’altro, vengono eretti anche la cosiddetta Basilica 550 a.C. circa, il Tempio "di Cerere" 500 a.C. circa ed il Tempio "di Nettuno" 450 a.C. circa. Nella piana tra i due santuari, l'agorà (poi trasformatoin foro romano) è il centro della vita cittadina e assume in questi anni un assetto monumentale con l'Heroon, il sacrario sotterraneo che i Greci dedicarono al fondatore delle città, Paestum Paestum adorato dopo la morte come un eroe divino. Dall'edificio provengono i vasi di bronzo (custoditi al Museo Archeologico di Paestum di fronte all'area archeologica), ancora colmi di miele al momento del ritrovamento.

Paistom: età lucana

Tra il 420 a.C. e il 410 a.C., i Lucani presero il sopravvento nella città, mutandole nome in Paistom. È un processo che si verificò in altre città (ad esempio per la non distante Neapolis), dove vi fu una lenta, graduale, ma costante infiltrazione dell’elemento italico, dapprima richiamato dagli stessi Greci per i lavori più umili e servili, per poi divenir parte della compagine sociale mediante il commercio e la partecipazione alla vita cittadina, fino a prevalere e a sostituirsi nel potere politico della città.

La ricchezza doveva derivare in larga misura sia dalla fertilità della piana del Sele, sia dalla produzione stessa di oggetti di grande qualità, parte cospicua di quei commerci che proseguivano sull'onda di quelli che avevano caratterizzato il periodo precedente. Neanche il carattere greco della città scomparve del tutto, come attestano, oltre la produzione dei vasi dipinti, anche la costruzione del bouleuterion e la monetazione, che preservò le sue prerogative elleniche.

La città è cinta da alte mura di circa sette metri, con quattro porte di accesso: porta Aurea a nord, porta della Sirena a ovest, porta Giustizia a sud, porta Marina a est e due strade principali che uniscono a croce le entrate della città.

Paestum: età romana Paestum Paestum

Nel 273 a.C. Roma sottrasse Paistom alla confederazione lucana, vi insediò una colonia, e cambiò il nome della città in Paestum. I rapporti tra Paestum e Roma furono sempre molto stretti: i pestani erano socii navales dei Romani, alleati che in caso di bisogno dovevano fornire navi e marinai. Le imbarcazioni che Paestum (e la non lontana Velia) fornirono ai Romani dovettero probabilmente avere un peso non irrilevante durante la Prima Guerra Punica.

Nella Seconda Guerra Punica Paestum rimase fedele alleata di Roma: dopo la battaglia di Canne, Paestum addirittura offrì a Roma tutte le patere d’oro conservate nei suoi templi. La generosa offerta fu rifiutata dall'Urbe, che però non disdegnò, invece, le navi cariche di grano grazie alle quali i Romani assediati da Annibale entro le mura di Taranto poterono resistere. Come ricompensa della sua fedeltà, a Paestum fu permesso di battere moneta propria, in bronzo, fino ai tempi di Tiberio; tale conio si riconosce per la sigla "PSSC" (Paesti Signatum Senatus Consulto). Paestum Paestum

Sotto il dominio romano vennero realizzate importanti opere pubbliche, che mutano il volto dell'antica polis greca: il Foro che va a sostituire l'enorme spazio dell'agorà e che riduce l’area del santuario meridionale il cosiddetto "Tempio della Pace" ,  il santuario della Fortuna Virile, probabilmente il Capitolium, l’anfiteatro (I sec. d.C.) ampliato tra la fine del I e II secolo d.C. amputato purtroppo sciauguratamente, nel 1829, dalla strada moderna che attraversa la città e dove sorgono diversi ristoranti in piena area archeologica!!!

Anche l’edilizia privata rispecchia il benessere di cui Paestum dovette godere in tale periodo, benché fossero state aperte due importanti arterie di comunicazione interne, la via Appia e la via Popilia: di fatto esse tagliavano Paestum fuori dalle grandi rotte commerciali, la via Appia collegando Roma direttamente all’Adriatico e di qui all’Oriente, la via Popilia attraversando la Magna Grecia lungo un percorso interno, lontano dalla città.

Progressivamente dovette iniziare ad impaludarsi l'area circostante la parte sud-occidentale dell'insediamento, in quanto il fiume non riusciva più a defluire normalmente, dato il progressivo insabbiamento della foce e del lido che doveva trovarsi non distante da Porta Marina. È possibile notare come i pestani cercassero di correre ai ripari e difendersi da questa calamità, innalzando i livelli delle strade, sopraelevando le soglie delle case, realizzando opere di canalizzazione a quote sempre maggiori. Caratteristica delle acque del Salso, ricordata da Strabone (geografo romano), era quella di pietrificare in breve tempo qualsiasi cosa, essendo ricchissime di calcare.

La città conobbe un fenomeno di cristianizzazione relativamente prococe: infatti sono documentati martirii al tempo di Diocleziano. Nel 370 d.C. un pestàno, Gavinio, vi portò il corpo dell’apostolo San Matteo, poi trasferito a Capaccio Vecchio ed infine a Salerno.

Distrutta nel 1246 da Federico II, la zona venne abbandonata e completamente dimenticata.

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